I ragazzi di Zoen Tencarari sono stati ospitati da Papa Francesco per la III Giornata Mondiale del Povero.

Vi invitiamo a leggere le bellissime testimonianze e a vedere la galleria fotografica. La foto dell’abbraccio di Papa Francesco con Maurice racconta più di mille parole la gioia e la bellezza dell’incontro.
Il racconto di Maurice
Domenica 17 ottobre 2019, con la sveglia puntata per l’01:45 del mattino, mi sveglio. Oggi sarò rappresentante di Casa Canonica a tavola col Papa, al grande pranzo in occasione della III GIORNATA MONDIALE DEI POVERI al Vaticano. L’effetto di questa consapevolezza ha posto in me un certo stato d’ansia, la mia mente non era affatto pronta per un evento simile e probabilmente quel posto sarebbe spettato a qualcun altro piuttosto che a me. A mio malgrado, ma allo stesso tempo con un enorme senso di gratitudine, la scelta è stata presa in quattro e quattr’otto per questioni di tempo legate alle comunicazioni con le autorità vaticane e con la loro agenzia di sicurezza.
Perciò non mi resta altro che prepararmi al meglio, per un incontro così strano, inaspettato, immeritato, nonostante non sapessi proprio come muovermi di fronte a Francesco (come semplicemente lui stesso vuole essere chiamato).
Solo due frasi mi sovvengono alla mente, il versetto 52 del magnifico Cantico del Magnificat che Maria pronuncia all’Angelo nel I capitolo del vangelo di Luca:
ha rovesciato i potenti dai troni,
*ha innalzato gli umili;
Le uniche parole che mi risuonano dentro, che una giornata come questa mi scatena, che un Papa come questo mi muove dentro quando lo penso. Nel caso dovessi parlargli, solo queste parole mi sembrano le migliori per complimentarmi con lui e per salutarlo rapidamente, entro una situazione che immagino poter essere un tumulto generale, nonostante la prossimità e la vicinanza data dallo stesso tavolo su cui avremmo condiviso lo stesso pasto.
Si parte poco dopo le 02:30 del mattino, con ancora l’oscurità che domina sulla nostra Bologna, in direzione di Città del Vaticano.
A Roma ci attendono già alcuni di noi: Sharam a Roma per motivi di lavoro, Marta, Simone e Federica coi loro bimbi.
L’atmosfera in questa partenza è un po’ spenta data l’ora, ma senza troppi “salamelecchi” si parte con due furgoni e una macchina alla volta della nostra Santa destinazione.
Un imprevisto sospende il nostro viaggio per più di 3 ore, perché prima dell’uscita autostradale di Arezzo, un albero caduto ha dato origine ad uno smottamento che ha interrotto la viabilità sulla nostra direzione di percorrenza. E in un gruppo, come quasi sempre accade, c’è chi si agita, c’è chi è tranquillo e chi addirittura dorme.
Alle 07:15 circa si riparte, anche se a quell’ora saremmo già dovuti “sbarcare” a Roma per reperire i pass ufficiali che ci avrebbero concesso l’accesso alla Santa Messa in San Pietro e al successivo pranzo in Aula Paolo VI (Aula Nervi). Per fortuna i nostri amici già a Roma riescono a prendere i pass per tutti quanti.
Alle 09:15 circa, arriviamo a Roma, in un parcheggio sotterraneo davvero vicino a Piazza San Pietro.
Raggiungiamo e salutiamo gli amici in nostra attesa e iniziamo, non senza problemi, ad accedere alla Basilica, per la celebrazione dell’Eucarestia delle ore 10:00 presieduta da Papa Francesco.
Nel messaggio del 13 giugno 2019 in cui il Papa annuncia la III Giornata Mondiale dei Poveri, egli usa le seguenti bellissime parole:
«Nella vicinanza ai poveri, la Chiesa scopre di essere un popolo che, sparso tra tante nazioni, ha la vocazione di non far sentire nessuno straniero o escluso, perché tutti coinvolge in un comune cammino di salvezza. La condizione dei poveri obbliga a non prendere alcuna distanza dal Corpo del Signore che soffre in loro. Siamo chiamati, piuttosto, a toccare la sua carne per comprometterci in prima persona in un servizio che è autentica evangelizzazione. La promozione anche sociale dei poveri non è un impegno esterno all’annuncio del Vangelo, al contrario, manifesta il realismo della fede cristiana e la sua validità storica. L’amore che dà vita alla fede in Gesù non permette ai suoi discepoli di rinchiudersi in un individualismo asfissiante, nascosto in segmenti di intimità spirituale, senza alcun influsso sulla vita sociale (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 183)».
Quella stessa mattina, nell’Omelia che il Papa fa, vi sono invece le sue seguenti parole:
«I poveri sono preziosi agli occhi di Dio perché non parlano la lingua dell’io: non si sostengono da soli, con le proprie forze, hanno bisogno di chi li prenda per mano. Ci ricordano che il Vangelo si vive così, come mendicanti protesi verso Dio. La presenza dei poveri ci riporta al clima del Vangelo, dove sono beati i poveri in spirito (cfr Mt 5,3). Allora, anziché provare fastidio quando li sentiamo bussare alle nostre porte, possiamo accogliere il loro grido di aiuto come una chiamata a uscire dal nostro io, ad accoglierli con lo stesso sguardo di amore che Dio ha per loro».
Al termine della messa, 1500 persone a passo lento si incamminano verso la Sala Nervi in cui verrà servito il pranzo, categoricamente senza carne di maiale, per consentire a tutti di poter mangiare al di là di ogni barriera religiosa o culturale.
Appena entro nella Sala, il mio stato di agitazione inizia a crescere; per fortuna scorgo Don Mario che mi cerca, per affidarmi alle persone che si occupano della tavola a cui pranzerà il Papa e per assicurarsi che io mi senta a mio agio ad affrontare il pasto. Don Mario mi invita a riferire al Papa che il nostro Cardinale Matteo lo saluta. Assieme ad una ventina di persone da tutta Italia mi siedo, completamente confuso, in attesa che Francesco concluda la celebrazione dell’Angelus dalla ben nota finestra che spesso vediamo al TG dei nostri pranzi domenicali. Accompagnati dalle bellissime voci e dall’accompagnamento pianistico di un coro di soli bambini, nell’attesa, familiarizzo coi compagni di tavola più vicini.
Mons. Fisichella, organizzatore di questa giornata, prende il microfono e raccomanda tutti i presenti di mantenersi il più possibile ai tavoli a loro assegnati, per non creare problemi di sicurezza.
Francesco entra e un fragore di battiti di mani e di grida festose esplode nella Sala. Nonostante il monito appena pronunciato da Mons. Fisichella, le persone non resistono dall’avvicinarsi al Papa, che giunto alla sua tavola, saluta ad uno ad uno tutti i presenti, e mi regala un abbraccio che ricorderò per sempre…
Faccio giusto in tempo a staccarmi dall’abbraccio, a guardarlo negli occhi, a sorridere e a dirgli “Vengo dalla Parrocchia di Sant’Antonio di Savena di Bologna, Il Cardinal Zuppi la saluta..” e il Papa ride silenzioso, quasi di una timida soddisfazione, come se stesse dicendo “aaah, certo, lo conosco bene Matteo” e procedendo in cerchio continua a salutare gli altri commensali fino a che non giunge al suo posto, distante da me, al centro di questo bellissimo tavolo ovale.
Da lì in poi mi perdo a guardarlo, anche se ogni tanto riesco a dare una sbirciata ai compari Canonici e a Don Mario che, fortunatamente, pranzavano tutti in due tavoli a meno di cinque metri dalla mia sedia.
Vengono servite le lasagne, vien servito il pollo col purè, il tiramisù e il caffè.
Mentre mangio disorientato, non riesco a far altro che a guardare Francesco, in tutta la sua umanità, a qualche metro da me, seduto, col tovagliolo sulla talare bianca, Francesco che come me ha una tridimensionalità reale, che come me deve mangiare, deve bere potendo scegliere fra acqua, coca e fanta.. e vedo che subito, nonostante la sua alta carica di importanza globale, si interessa ai suoi commensali, gli ultimi, i discriminati, i soli, i diversi, i malati e riesco a captare che ad ognuno chiede la provenienza e, arrivando a me dice: “te me l’hai già detto, Bologna, è vero..”.
Tante persone riescono a salutare comunque Francesco, ma la precedenza ai bambini e ai disabili.
Fra il tiramisù e il caffè avrei voluto andare lì anche io per abbracciarlo ancora e per ripetergli quelle parole del Magnificat che mi erano venute alla mente quella stessa mattina a notte fonda. Sbircio nuovamente in direzione dei fratelli canonici e incrocio lo sguardo di Tommy che mi dice “Vai, vai, vai a salutarlo!!!”, allora scatto in piedi, chiedo a Fisichella l’autorizzazione per avvicinarmi e mi lascia passare. Arrivato da Francesco mi chino su un ginocchio e gli parlo dicendogli: “Santo Padre, io sono originario del Madagascar, ma come le ho detto prima vengo da Bologna e volevo solo dirle che è bello vedere che a Capo della Chiesa vi siano persone umili come lei, come Zuppi a Bologna, davvero serve dei servi…”, Francesco ride, contento e mi dice: “Io, noi, invece dobbiamo ringraziare te, perché nonostante la Croce che Gesù ti ha dato, ogni giorno combatti e lotti, infondendo coraggio a quelli che ti circondano e a quelli che incontri”.
Non so se combatto e lotto tutti i giorni, non so se davvero infondo coraggio, ma le parole del Canto del Magnificat dovevo dirgliele e.. invece.. mentre ero lì, mi sono venute alle labbra solo parole veloci di ringraziamento, ma dal profondo del cuore…
Torno al mio posto e il Papa si alza per andarsene, e immediatamente la folla rompe le barriere dei corpi degli agenti di sicurezza e dei giovani volontari della giornata, ma lui, riesce comunque ad uscire dalla Sala da una porta che verrà immediatamente chiusa. Al di là, probabilmente qualche guardia Svizzera e qualche agente.. Riesco ad uscire assieme a Gio Serm, e in lontananza vedo il Papa che solo, va forse verso casa sua, verso Casa Santa Marta, a piedi, nei cortili del suo Regno, come un uomo, come me, come noi, Vicario di Cristo in Terra al termine di una giornata in cui ci spiega che Gesù è nei Poveri e che non ci si può scordare di loro…
Il racconto di Vincenzo:
Il giorno 17 novembre la casa canonica e la famiglia Marchesini si sono recati a Roma per partecipare alla giornata mondiale dei poveri indetta da Papa Francesco. Arman e sua moglie sono venuti con noi e Marta di casa Magdala ci attendeva a Roma. I cuori di tutti noi erano pieni di entusiasmo motivo per cui la sveglia alle 2.00 di notte è stata affrontata con un’apparente serenità. Riusciamo a partire giusto con qualche minuto di ritardo e in men che non si dica siamo in autostrada, i più sono tornati a dormire. Sono appena le 4.30 quando succede l’imprevedibile. Il maltempo ha fatto franare un albero sull’autostrada all’altezza di Arezzo. Il traffico è fermo totalmente fermo. Piano piano tutti si svegliano, i motori sono spenti e tra una passeggiata sull’autostrada e una mela rubata al furgone vicino arriva anche l’alba. Ogni proposito di puntualità è ormai del tutto irrealizzabile. Alle 7.00 il traffico ricomincia a scorrere e alle 9.30 arriviamo a Roma. In prossimità del vaticano la città sembra ancora addormentata. Non c’è l’atmosfera dei grandi eventi fino a quando non ci troviamo in San Pietro. Il nostro copioso ritardo ci causa qualche difficoltà a entrare ma grazie al provvidenziale intervento dei piccoli Filippo Francesco e Jacopo riusciamo a infiltrare Egest nelle basilica. Ci penserà lui a trascinarci dentro.
In chiesa il vangelo è di difficile interpretazione ma il Papa è diretto e preciso. Critico e costruttivo. Le parole dell’omelia assumono un’incredibile importanza proprio perché pronunciate da colui che è a capo della chiesa di Cristo. “La vita di Gesù è infatti radicalmente irrecuperabile da ogni sistema religioso, il che interroga in profondità le nostre istituzioni ecclesiali. La questione è bruciante: come essere un’istituzione in nome di questo Cristo? ” Credo che Papa Francesco rifletta attentamente a queste questioni. Ed è proprio questa consapevolezza che lo ha spinto a indire il pranzo per i poveri, un pranzo per tutti, senza carne di maiale per abbattere le frontiere. “Perché Gesù prima di tutto è sempre stato benevolo con i piccoli, i malati, i rigettati, i disprezzati.”
Arrivati in sala Paolo VI il clima è immediatamente festivo. Personalmente credo che la chiesa voluta da Gesù fosse veramente presente in quel luogo. L’arrivo del Papa ci mostra la persona che è Jorge Mario Bergoglio. Anziano, stanco, probabilmente anche arrabbiato ma sorridente, sorridente e spontaneo nella sua felicità, al punto da abbracciare il nostro Maurice con grande naturalezza. Il pranzo si svolge in un clima di festa e all’uscita ci vengono consegnati pasta e olio. Non sono due alimenti a caso. Lo sanno bene tutti coloro che hanno affrontato momenti di difficoltà economica. Pasta all’olio per giorni, settimane. I più sfortunati vanno avanti così per anni.
La nostra gita a Roma si conclude con una visita alla basilica di San Paolo fuori le mura dove recitiamo in segno di fratellanza un Padre Nostro che ancora rimbomba nell’immensa navata.
Stanchi ci rimettiamo in macchina, chi è al volante trova la forza in una bevanda energetica e il conforto nella compagnia di chi è seduto sul sedile passeggero. La giornata si conclude nel silenzio e nella stanchezza. Torniamo a Bologna con la consapevolezza che siamo Chiesa, siamo Chiesa in cammino. Il nostro Papa ci apre la strada e la gioia prolifera continuamente nonostante le difficoltà.
Il racconto di Egest
dopo un anno siamo ritornati in Vaticano con tutta la casa, tante facce nuove, altrettanto vecchie. Dopo un lungo viaggio pieno di sfortune ed avventure, ci siamo trovati tutti dentro San Pietro e condividere la giornata del povero con altre 6000 persone, ed ovviamente, il Papa. Momenti indimenticabili. Durante la messa vedevo le facce degli altri di casa ed erano tutte facce felici, serene. Ma la faccia più bella era quella di **, uno dei ragazzi che dorme sotto il portico della chiesa. Quando gli abbiamo chiesto se voleva venir con noi a Roma era stracontento, e durante la messa aveva un sorriso contagioso improntato sulla faccia. Impressionante.
Il viaggio in Vaticano ha lasciato tanti ricordi belli ai partecipanti, con una bella impronta sulla nostra comunità, sulla nostra piccola famiglia.
Tutte le peripezie avvenute durante quella mattina ci hanno fatto gustare ancora di più quella giornata che tutti noi ricorderemo a vita.